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Identità e tutela Val Resia

La vecchia tipica casa resiana

La tipica casa resiana, prima della distruzione del terremoto e della successiva ricostruzione, era radicata su tutto il territorio valligiano. Alcuni esemplari di abitazioni sono ancora visibili a Stolvizza, a Coritis e a Crisacis, in altre parole nei paesi toccati in maniera minore dall’onda sismica, oppure nelle abitazioni dove non è stata attuata una sconsiderata ricostruzione. La casa tipica resiana era composta principalmente da quattro stanze e da un fienile. Al piano terra c’erano, in principio, una stanza adibita a kuhnjä -cucina- e l’altra a hliu -stalla-. Attraverso le scale esterne, costruite con blocchi di sasso di circa un metro si saliva al ballatoio, generalmente di legno, che permetteva l’accesso alle due camere. Dal ballatoio, per mezzo di una ripida scala di legno si raggiungeva il fienile sul quale era depositato il fieno che sarebbe servito per foraggiare il bestiame durante il periodo invernale. Le persone più facoltose potevano permettersi abitazioni con un secondo ballatoio al livello del fienile sul quale venivano messe ad essiccare le pannocchie disposte penzoloni in lunghe trecce. Sotto le scale a fianco della stalla c’era il kokošar -pollaio- nel quale venivano rinchiuse le galline. Successivamente, per salvaguardare le più elementari norme igieniche, nelle immediate vicinanze all’abitazione, veniva costruito un rustico per l’allevamento degli animali domestici. La stalla dimessa, se non adibita a magazzino, diventava, generalmente, la jyspä -tinello, salotto-. In questa stanza veniva costruito il foholar -focolare- o lo špohert -stufa o forno di mattoni-, il pouäl -pavimento- era generalmente di assi di larice, c’era la taulä -tavolo- con gli škanje -sedie- e la myśä -panca- disposta generalmente vicino al focolare. C’era sempre, anche, il komarlyn -armadio- con sopra la pulyzä -mensola- per appoggiare le stoviglie o l’effigie sacra di Cristo in croce, della Madonna o di qualche santo e l’immancabile lumino. Alle pareti venivano appese le immagini dei famigliari o vecchie fotografie delle persone care scomparse. In quella stanza, divenuto l’ambiente più accogliente, i resiani accoglievano gli ospiti e durante le fredde serate invernali, al caldo del focolare, passavano alcune ore raccontandosi le favole, le storielle, le vicende di vita paesana e molto spesso, recitando il rosario, intonavano un canto. Inevitabilmente, guardando le fotografie appese, il ricordo andava al tempo passato. Le gesta, gli episodi di vita, la bontà e le vicende umane delle persone che avevano dimorato in quella casa accompagnavano i ricordi fanciulleschi dei viventi.

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