Stara Hora (Castelmonte)

Pellegrinaggi d'altri tempi

Piazza Tiglio a Prato di Resia.  Mese di ottobre, anni 50/60 scorso millennio.

“ Pré Tunin, sin pròns podin partî “. 

“ Spietin Diego, ancjemò cinc minûs al màncje dome il muìni  Duric “.

“ Andemo, andemo, se no ko rivemo la ciesa sarà serada”.

Sembra il dialogo di un altro secolo, ma queste erano le frasi che precedevano la partenza delle corriere in occasione del pellegrinaggio che la popolazione di Resia annualmente faceva al santuario della Beata Vergine di Castelmonte.

I due mitici autisti della ditta Molaro di Gemona, Diego Zanaga che ha svolto il servizio dal 1955 e il triestino Valentino Coslovich venuto a Resia nel 1959, così redarguivano il pievano don Antonio Pagnutti ogni volta che dovevano partire. Partenza alle ore  sei del mattino, sosta al ponte Rop dove salivano pellegrini di Stolvizza, Oseacco e Gniva; passaggio alla Centrale per raccogliere quelli di Lischiazze e Gost ed, infine, fermata al Tigo per far salire quelli di San Giorgio. Via, poi, verso Castelmonte. La borsa con qualche pezzo di polenta, un po’ di formaggio, qualche uovo sodo, il pollo o il coniglio arrostito, una bottiglia di “mošt”, la corona del rosario in mano e tanta voglia di pregare e di cantare.

Giunti ai piedi della salita per la Starä Hörä quasi tutti scendevano e recitando il rosario salivano il monte fino al santuario. Giunti in chiesa partecipavano alla messa officiata dal frate custode assieme al pievano e poi veloci a consumare il frugale pasto dopo il lungo digiuno. Nello spartano rifugio, costruito per la sosta del pellegrino, si aprivano i tovajüce e si dava fondo alle scorte. “ Prit nu kä bëšë korjerä, kosä nä dän krej sty parhajälä uon na Staro höro babä?” chiedeva il fanciullino alla nonna. “Bambino mio” raccontava la vecchia “che bella cosa la corriera. Prima i pellegrinaggi li facevamo in estate e ci dovevamo svegliare molto presto. Con il lumino in mano, digiuni per fare la comunione, partivamo dalla valle che faceva tanto buio. Ad ogni crocicchio si univano persone delle varie borgate e su verso Carnizza per raggiungere poi Uccea. A tal proposito sentite cosa scriveva nei primi anni 1900 il geografo Olinto Marinelli (n. 11.2.1874 m. 14.6.1926) ”… alla  madonna di Carnizza comincia il tracciato di una strada carrozzabile, in parte costruita, in parte no – sono stati interrotti i lavori -  la quale dovrà congiungere Resia con Uccea … sia seguendo la strada in costruzione, sia la vecchia mulattiera, dalla sella di Carnizza, in un’ora e anche meno si scende al fondo della valle di Barman, donde per Lischiaza e Gniva in poco più di 1 ora si è a San Giorgio o a Prato di Resia”. Salivamo verso il confine e subito dopo prendevamo la mulattiera e, attraversando il Monte Stol,  scendevamo a Bergogna (Breginj). “ … è l’abitato più grosso di tutta la plaga, denominata «Kobariski Kot»(angolo, cantone, recesso di Caporetto). Conta 131 case, irregolarmente disposte in una specie di conca fra le pendici del Musiç (m. 1611) e dello Stol a 557 m. di altezza…possiede una bella chiesa(Madonna della Neve) recente in pietra riquadrata con un bell’altare maggiore…e con un campanile ad imitazione di quello di S. Marco di Venezia…” Sedlo, Stanovišce, Borjana, Potoki, Creda(Kred), Robic. “… (Robiç, m. 245) primo villaggio austriaco, di 99 abitanti, con posta, dogana e alcune buone osterie.”  Lungo la strada che costeggia il fiume Natisone arrivavamo a Stupizza, Loch, Linder, Pulfero, Brischis. “Alcuni vogliono che Brischis sia l’antica Broxa di Paolo Diacono, dove nel 670 sarebbe avvenuto lo scontro  fra il duca Vettari e gli Slavi…”. Proseguendo, poi arrivavamo a Tiglio, San Pietro al Natisone e a Azzida. “ Azzida      (Azide, in sl. Azla, m. 164) è uno dei più antichi villaggi… Fra la popolazione, diremo così, indigena del paese, si trovano stanziate varie famiglie di Resiani, dei quali alcuni vanno percorrendo le montagne per fare incetta di cenci (tzunje), in cambio dei quali danno aghi, spilli, bottoni, filo, nastri ed altre minutaglie. La comparsa dei tzunjari (cenciajuoli) mette in movimento le donne e le ragazze, che accorrono allo scambio della merce per fare provvista. Altri Resiani fanno la stessa peregrinazione degli tzunjari, aggiustando invece ombrelli, pentole, padelle, paiuoli, fanali, invetriate ecc. Le donne resiane conservano, almeno parzialmente, la foggia propria di vestire; gli uomini no. Fra loro usano il dialetto proprio, che differisce notevolmente dallo sloveno del luogo. Secondo gli studi dell’illustre slavista polacco J. Baudouin de Courtenay dialettologicamente i nostri slavi si distinguono in quattro gruppi, cioè:

I - Resiani appartenenti al distretto di Moggio e solo quelli di Uccea (Ucja) nella valle del rio Bianco,  affluente dell’Isonzo, compresi nella nostra zona: essi rappresentano la continuazione storica di una fusione di diverse tribù slave mescolate con un elemento etnico straniero abbastanza forte per aver potuto lasciare di sé tracce fonetiche indelebili, principale l’assonanza vocalica. Anche fisicamente (occhi e capelli neri, color della carnagione olivastro) differiscono dagli altri slavi del Friuli.  II - Slavi del Torre… III - Slavi di San Pietro al Natisone… IV - Slavi del Judrio… Quantunque tale divisione s’imponga sotto il rispetto scientifico – linguistico ed etnografico – tuttavia gli ultimi tre gruppi non differiscono tra loro che per leggerissime sfumature; solo il resiano ne diversifica, non però più di quanto si scosti dalla lingua letteraria italiana la maggior parte dei nostri dialetti”. mso-bidi-font-size: 12.0pt">Ecco, infine, lassù  la Starä horä. Allora, via verso Cemur e Picon e fatto l’ultimo sforzo, riuscivamo a prendere l’ultima messa. Fatta una breve sosta su un praticello o su qualche panchina che i frati ci mettevano a disposizione, ripartivamo per far ritorno alle nostre case a notte fonda. “Ma che fai bambino mio? Ti sei addormentato?”.   Meglio prendere, allora, la corriera di Diego o Valentino. 

 

Lypäväz, 24 novembre 2003

In corsivo notizie tratte da LA SLAVIA ITALIANA nella “Guida delle Prealpi Giulie” di Olinto Marinelli       Attesa editrice